mercoledì 12 marzo 2008

HAMMAM AL-MALATILI



Malgrado il forte conservatorismo legato al retaggio arabo islamico, il cinema egiziano ha sempre trattato, seppur in modo implicito e tramite allusioni indirette, temi e sottotemi omosessuali.
La vera scossa è arrivata nel 1973 con la macchina da presa dell’audace Salah Abou Sayf, che ha adattato la sceneggiatura del suo Hammam al-Malatili (“Il bagno di Malatili”) dal racconto breve di Isma‘il Wali al-Din. Nel giugno del 1972 il film è stato sottoposto a esame da parte del Parlamento e ha preso parte alla seduta anche Salah Abou Sayf, che ha difeso a spada tratta il suo film. Sebbene i pareri in seno al comitato fossero discordanti, l’allora presidente del Parlamento Gamal Al-Atifi, aveva proposto di eliminare le scene di sesso lasciando inalterate soltanto quelle più allusive e meno dirette, ma alla fine fu deliberato che nessuna scena venisse tagliata.

Abou Sayf (1915, Cairo/ 1996) ha diretto alcuni corti e una quarantina di lungometraggi e malgrado soltanto un terzo dei suoi lavori sia di taglio realistico (la maggior parte dei quali adattati dai romanzi di Mahfouz o sceneggiati da Mahfouz stesso), è stato considerato il regista realista più dotato. La stragrande maggioranza dei suoi film ha il Cairo come ambientazione e, come temi, quelli relativi alla sopravvivenza, al sesso e alla libertà d’espressione che si confrontano puntualmente con la povertà.
Salah Abou Sayf, pur se con moralismo, è stato il primo cineasta egiziano a mostrare apertamente un omosessuale in quasi venti minuti ripartiti in una decina di scene, lasciando che il suo pittore riflettesse sulla vita di gay e parlasse delle cause della sua omosessualità e degli incontri occasionali con gli uomini, terminando con un discorso borioso sulla libertà sessuale di cui si poteva godere un tempo, resa con alcune scene retrospettive in bianco e nero in cui vediamo Ra’uf passeggiare per il centro del Cairo, con andatura effeminata, capelli raccolti in due trecce, una camicia damascata e pantaloni attillati che lo rendono, in realtà, più simile a un hippy che a un gay, noncurante dello sguardo scioccato dei passanti.
La trama ruota attorno al giovane Ahmad che lascia la sua famiglia di Isma‘iliyya per trasferirsi al Cairo, alla ricerca di lavoro e istruzione, ma le cose non vanno come spera e si ritrova presto senza denaro, fin quando il destino lo conduce al hammam al Malatili, un hammam ša‘bi[1] frequentato da omosessuali, in cui alloggia per meno di tre quruš al giorno.
Dal microcosmo dell’hammam si dipaneranno tutta una serie di incontri, il primo dei quali vede come protagonista la prostituta Na‘ima.
Il secondo incontro avviene con un frequentatore abituale dell’Hammam, il pittore gay Ra’uf che si invaghisce di Ahmad e lo invita varie volte a casa sua fin quando Ahmad cede e, tra coppe di vino, sigarette e la canzone di James Brown “Like a sex machine” cercherà invano di sedurlo.
[1] Popolare.

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