domenica 15 febbraio 2009

“Con le radici al cielo”:ll concerto dei Radiodervish nella Chiesa “Ecce Homo” Tra magia antica e sonorità mediorientali


La scorsa settimana la città di Ragusa ha ospitato il gruppo Radiodervish donando al pubblico accorso momenti indimenticabili. Di seguito posto l'articolo curato da Serena Gulino e pubblicato sul quindicinnale "La città" del 14 febbraio.

Un cielo che è stato quasi sfiorato .. Giovedì 5 febbraio la Chiesa del S.S. Ecce Homo, nel cuore dell'ormai multietnico centro storico di Ragusa, ha offerto la sua sacralità all’esibizione dei Radiodervish.
Il concerto si inserisce nell'ambito della rassegna “Frontiere” realizzata per celebrare i primi cinque anni di laboriosa attività della cooperativa sociale “Il Dono”.

Ad attendere la band una splendida Ecce Homo gremita, un pubblico prevalentemente giovane ma non solo, a cui si aggiunge la partecipazione degli ospiti dei centri d'accoglienza.

La scelta della suggestiva location non appare casuale quando si parla di una band impegnata come i Radiodervish che, mettendo in musica temi d'attualità, si fa portavoce del dialogo tra le culture, dell'incontro con l'altro, della convivenza pacifica dei popoli guadagnando il consenso del pubblico in quasi due ore di musica.

A rendere l'atmosfera calda, seppur raccolta e solenne, quasi come si stesse partecipando a una preghiera di gruppo, intervengono la scelta minimalista di proiettare un fascio di luce violacea proprio sull'abside e dei grossi fari puntati sulla band.

Una penombra come si conviene ai momenti di massimo raccoglimento liturgico che sembra quasi invitare il pubblico a chiudere gli occhi e volare tra le sonorità che ci cullano tra Medio Oriente ed Europa senza però tralasciare la profondità dei testi che obbliga alla riflessione.

I Radiodervish nascono dall'incontro di vite di Nabil Salameh figlio di genitori palestinesi e vissuto a Beyrut e il salentino Michele Lobaccaro a cui si aggiunge il contributo del tastierista Alessandro Pipino.

La loro collaborazione risale ai primi anni novanta e ha dato vita a ben sette album, a partire dal primo “Lingua contro lingua” apparso nel 1998 fino al sofisticato “L'immagine di te” , album maturo in cui il melting pot tra la musica italiana di genere melodico, l'elettronica anni '80 e sonorità mediorientali si fondono in una commistione quasi perfetta.

Non solo arabo e italiano per l'originalissima “Centro del mundo” che fa coesistere in un unicum lingua italiana, inglese, araba e spagnola in un continuo e spasmodico sforzo di sottolineare come sia possibile generare un equilibrio così perfetto tanto in musica quanto nella vita di ogni giorno.

Ma si canta anche di guerra e dell'irrisolta e attuale questione palestinese con le conseguenze che questa porta nella vita degli uomini, ossia miseria e infelicità, senso di sradicamento e di non appartenenza. Ogni bisbiglio tace quando si affronta il tema dell'estremismo islamico in “Lettera a un kamikaze” tratto dal saggio epistolare di Khaled Fouad 'Allam che ripercorre l'ultimo giorno di vita di uno “shahid” ossia di un martire dell'Islam che va incontro alla sua morte e nondimeno genera morte e distruzione in nome di Dio.
Versi che toccano il cuore del pubblico in un silenzio assordante.

Sebbene l'attenzione sia stata soprattutto rivolta a presentare i brani dell'ultimo album, tra i quali “L'immagine di te” e “Se vinci tu” che affrontano il tema del doppio, della ricerca, dell'esigenza di continuare a sperare in un ritorno alla terra madre, il concerto da spazio anche a brani meno recenti come “Fedeli d'amore” ispirato al “Cantico dei Cantici” e contenuto nel primo album.

Complice la suggestiva location che ha creato un'atmosfera unica e incomparabile a quella, seppur bella, ma completamente diversa di un concerto tenuto in un palazzetto dello sport o in una piazza, la bravura degli artisti, la profondità dei testi che invitano alla riflessione e la musica che nasce da un incontro di sonorità e tradizioni musicali diverse che abbracciano oriente e occidente, lo spettacolo dei Radiodervish ha incantato il pubblico che ha viaggiato per tutta la durata del concerto in una dimensione spazio-temporale lontana.

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