domenica 24 febbraio 2008

A kana la budda ya Lyly an tudiya al-nur?! .. L' Imam Abd el 'Al tra Yusuf Idriss e Marwan Hamid

Il debutto professionale di Marwān Hamid risale al 2001, con l’avvincente cortometraggio di 40 minuti che porta il titolo di «Lyly» dal nome della protagonista.La sceneggiatura, firmata dalla penna di Marwān Hamid, è un adattamento della novella «A kāna lā budda yā Lyly an tudiya’ al-nūr» ("Lyly, era proprio necessario che accendessi la luce?") dello scrittore egiziano Yusuf Idriss (1927-1991), amato dal regista sin da piccolo nonchè, secondo il critico Farid, uno degli autori più saccheggiati dagli studenti dell’Istituto di Cinema.«Lyly» partecipa a numerosi festival - locali e internazionali - ricevendo ben otto premi che vanno dall’Italia, alla Tunisia, alla Francia, all’Egitto :
· Premio del pubblico al «Festival Internazionale di Clermont-Ferrand» nel 2001
· Premio d’oro al «Carthage Film Festival» nel 2002
· Premio Speciale di TV5 al «Carthage Film Festival» nel 2002
· II Premio al «Milano Film Festival» nel 2002
· Premio Speciale della Giuria al «Isma‘iliya Film Festival» nel 2001
· II Premio al «Abitibi Film Festival», Canada
· Premio d’oro al «International Tunisian Short Film Festival»
· II Premio al «National Film Festival», Egitto


Sinossi
‘Abd el ‘Āl, interpretato dal brillante ‘Amrū Wāked, è un giovane Imam del Cairo che viene assegnato alla moschea di via Bāţiniyyah, all’interno di un quartiere popolare in cui il traffico della droga avviene sotto gli occhi di tutti. L’Imām tentando di ricondurre i fedeli sulla retta via, non tarderà a entrare in conflitto con il boss di quartiere il quale gestisce persino un banchetto in cui smercia hashish come se si trattasse di tè o caffè. La sua missione è resa ancora più difficile dalla comparsa di Lyly, interpretata da Dīnā Nadīm.Lyly è una donna bellissima, nata dal matrimonio tra un’egiziana e un inglese, e vive da sola in un appartamento di fronte alla moschea, ogni volta che Abd el ‘Āl va a fare l’Adhān, questa accende la luce della sua camera e provoca l’Imam mettendo alla prova la sua vocazione .L’adattamento nel complesso, è fedele alla novella, se non fosse per la vistosa aggiunta della nuktah (barzelletta) tra due detenuti, posta ad aprire il film prima ancora che compaiano i titoli, e la modifica del finale, che viene lasciato aperto.Se nella novella, Abd el ‘Āl cede alla tentazione del diavolo lasciando i fedeli in sugūd e recandosi a casa di Lyly, nel film lo scioglimento viene lasciato aperto. Il cineasta attraverso l’espediente del sogno, lascerà che sia lo spettatore a decidere il finale da dare alla storia, facendo sì quindi che l’Imam resista alla tentazione del diavolo oppure soccomba.Marwān non aveva interesse a insegnare all’uomo una condotta di vita tramite un exemplum, bensì trattare la storia di quell’ Imam, ricco di umanità e di sensibilità, di amore per la gente ma anche timoroso di Dio.Tutte queste caratteristiche si palesano nella lotta personale con Lyly e con l’intera comunità di Bāṭiniyyah.Quanto invece al finale, dopo aver tentato di glissare sulla domanda, il regista afferma che l’epilogo non è stato definito e non nasconde che la prima volta in cui lesse la novella aveva sperato che l’Imam vincesse la tentazione del diavolo.



Il corto: focolare di creatività
Il film è stato presentato da alcuni giornali come un atto di accusa nei confronti della società islamica soprattutto per via della condotta del protagonista, l’Imam ‘Abd el ‘Āl, che ha offeso gli Shaykh di Al Azhār e i religiosi islamici.Così per lungo tempo è stato aggiunto alla lista di opere d’arte vietate nelle televisioni egiziane, e malgrado di solito si ovvii a inconvenienti simili utilizzando l ‘escamotage dei satelliti, la sua proiezione è stata oggetto di controversie persino sui canali satellitari e, soltanto dopo cinque anni dalla sua uscita, nel marzo del 2006 è stato dato su Rūtānā.Marwān esordisce con i cortometraggi prima di arrivare al lungometraggio «Palazzo Yacoubian» che, tra i tantissimi riconoscimenti avuti, è stato inserito a sigillo della rosa dei 100 migliori film in un secolo di storia del cinema egiziano[1].Il cortometraggio, viene ritenuto da molti soltanto una tappa che conduce poi al lungometraggio, Marwān sottolinea invece la peculiarità della sperimentazione che contraddistingue il corto (che sia un documentario oppure un film di fiction) viceversa difficile da realizzare nel lungometraggio e questo proprio perché, specie in Egitto, l’attenzione data ai corti è esigua e il loro pubblico è ridotto quasi esclusivamente all’entourage di esperti e cineamatori e, ricoprendo quindi un mercato di nicchia, gode di una libertà di espressione di gran lunga maggiore rispetto al lungometraggio che si rivolge al grande pubblico.In Egitto il genere del cortometraggio è rimasto nell’ombra dell’industria cinematografica, forse più del documentario, infatti nonostante i cine-teatri siano obbligati dalla legge a dare i cortometraggi prima ancora dei lungometraggi, la distribuzione dei corti viene spesso elusa o trascurata.In generale infatti la produzione di cortometraggi è circoscritta al National Film Centre e negli ultimi decenni, limitata alle tesi di laurea dell’ Istituto Superiore del Cinema del Cairo[2].Fuori dai confini nazionali dell’Egitto, in Europa come in America, si ha un’attenzione maggiore verso questa importante forma di espressione, campo privilegiato dei registi emergenti, basti pensare che nel più grande festival di corti, ossia il festival di Clermont-Ferrand il numero di visite supera i 150.000 spettatori, mentre il rinomatissimo festival di lungometraggi di Cannes ha un pubblico che si aggira intorno ai 200.000 spettatori.

[1] La selezione, contenuta in un libro di oltre 400 pagine che è uscito il 20 giugno 2007 edito da Ahmed El-Hadari, è stata approvata da Ahmed El-Hadari, Samīr Farīd e Kamāl Ramzī, in occasione della celebrazione del primo centenario del cinema egiziano che si è tenuto il 20 giugno 2007 alla biblioteca alessandrina, all’interno del primo Silent Film Festival organizzato dalla fondazione Cadr, guidata da Samir Farid.Samīr Farīd, The top 100, in «Al Ahrām weekly», 15-21march 2007, issue NO. 836.[2] V. Shafīq, Egyptian cinema, in AA.VV., Companion Encyclopedia of Middle Eastern and North African Film. O. Leaman (ed.), 2001.



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